E’ il 38° compleanno di Marek Hamsik, considerato il miglior calciatore che il calcio slovacco sia riuscito a produrre dalla “separazione” della Slovacchia dalla Repubblica Ceca, ed è in particolare uno dei calciatori maggiormente simbolici del Napoli di De Laurentiis ma anche la rappresentazione di qualcosa di assolutamente non banale.
Il Napoli che oramai molti anni fa, nell’estate del 2007, ha acquistato Marek Hamsik, prelevandolo dal Brescia è cambiato tantissimo rispetto a quello che ha visto il suo addio, per gli ultimi anni di carriera del centrocampista che tra Cina, Svezia e Turchia ha completato il proprio percorso con le squadre di club.
C’è stato un prima ed un dopo Marek Hamsik
Hamsik è ad oggi, il secondo straniero con più presenze in Serie A con una singola squadra, alle spalle di Javier Zanetti dell’Inter, in totale Marekiaro, come è stato rapidamente apostrofato, ha totalizzato 408 presenze e 100 gol in Serie A, per un totale di 520 presenze e 121 gol, in tutte le competizioni con la maglia del Napoli.
Se oggi il club azzurro è divenuto un club sicuramente importante che attrae con una certa naturalezza nomi anche importanti, così non è stato a lungo, anche durante i 12 anni di presenza in azzurro: è un Hamsik imberbe, neanche 20enne, quello che viene presentato assieme al Pocho Lavezzi, durante l’estate che sarà la prima in Serie A del Napoli di De Laurentiis. Il giovanissimo slovacco si era messo in luce con il Brescia e già ragazzino aveva debuttato tra i professionisti.
Anche a fronte di numerose offerte da parte di squadre italiane (su tutte, il Milan, che aveva manifestato un interesse continuato durante gli anni di prime in massima serie di Marek) ma anche straniere, Hamsik ha deciso di legare la propria carriera in azzurro, pur non essendo “geograficamente” legato al club, che era appena in rampa di lancio al momento del suo acquisto.
L’addio di Hamsik al Napoli è stato evidenziato come non mai da un modo di fare che ha rappresentato sempre il giocatore e probabilmente anche l’uomo: nel mese di febbraio 2019 infatti con il Napoli sotto la guida di Ancelotti, ottiene l’ok per il trasferimento in Cina, dove ha giocato due stagioni con la casacca del Dalian, tutto questo senza proclami e “azioni particolari”, elemento che è stato riconosciuto da ogni tipologia di tifoso. Solo grande continuità, poche dichiarazioni fatte ad ingraziarsi i tifosi, e tanto lavoro.
Anche da chi a lungo lo ha considerato un capitano poco “duro” ed autoritario ma con il senno di poi, semplicemente diverso, legato al senso di appartenenza ma anche da un carisma silenzioso. Elemento che lo hanno reso anche il recordman assoluto con la propria nazionale, sia nelle reti che nelle presenze.
Marek Hamsik al Napoli ha dimostrato, qualora ce ne fosse stato davvero bisogno, che è possibile essere capitano anche senza “fare i duri” o con dichiarazioni che possono essere successivamente “modificate” da scelte diverse.
Il senso di appartenenza “vero”
Edy Reja, che è stato il suo primo allenatore in azzurro prima di lasciare la panchina azzurra espose candidamente la sua enorme sorpresa e soddisfazione nel costatare la maturità del numero 17, divenuto iconico, simbolico, di quanto poco avesse da insegnargli, nonostante la giovane età del centrocampista.
Hamsik ha trovato una collocazione tattica ed una professionalità con praticamente tutti gli allenatori che sono transitati sotto la guida di De Laurentiis, alcuni hanno esaltato le sue doti tecniche e di inserimento (lo stesso Reja, passando per Mazzarri e Sarri). Con Benitez non è nato un vero e proprio feeling (come confermato dallo stesso giocatore), in quanto il mister spagnolo per ragioni tattiche lo aveva interpretato in una posizione maggiormente avanzata e quindi limitando le sue capacità offensive.
Anche con Ancelotti Hamsik ha palesato immediatamente l’intenzioni del titolato allenatore di spostarlo “alla Pirlo”, ovvero sulla linea mediana per sfruttare la tecnica di base elevata, esperimento non riuscito e che è stato di fatto il crocevia per l’addio durante la stagione del capitano azzurro. Addio che è stato percepito immediatamente come un impoverimento tecnico, che è stato colmato solo diversi anni dopo.